Ormai abbiamo imparato che è assolutamente necessario utilizzare delle creme per proteggerci dai dannosi raggi solari, così da evitare le dolorose scottature e prevenire danni a lungo termine alla nostra pelle. Ma bisogna fare attenzione quando si acquista la crema: l’impatto delle creme solari in mare può creare danni ad alcune specie.
Perchè le creme solari danneggiano l’oceano?
Diversi studi hanno dimostrato come le creme solari abbiano un forte impatto sulla salute del nostro oceano e di molti suoi abitanti. Non a caso infatti, diverse mete tropicali dove esiste un consolidato mercato turistico costiero e marittimo ne hanno bandito l’utilizzo. Un esempio eclatante è quello del Governo delle Hawaii, che nel 2018 ha emanato l’Hawaii Reef Bill, per mettere al bando l’utilizzo di filtri solari contenenti alcune sostanze chimiche ritenute dannose per l’ecosistema marino.
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Nello specifico, le creme solari:
possono alterare la crescita ed il processo fotosintetico delle alghe verdi;
possono accumularsi nel tessuto dei coralli, causandone lo sbiancamento, alterazioni genetiche e fisiche del corallo o, ancora, causarne la morte;
possono provocare malformazioni nelle larve dei giovani molluschi;
possono danneggiare il sistema immunitario e riproduttivo dei ricci di mare o causarne la morte;
possono ridurre la fertilità e generare organi maschili negli individui femmina dei pesci (questa alterazione viene detta “imposex”, che significa sovrapposizione di caratteri maschili a quelli femminili presenti nelle femmine);
possono accumularsi nei tessuti dei delfini e trasferire questo accumulo di composti chimici nella prole.
Le sostanze chimiche dannose all’interno delle creme solari appartengono alla categoria UVF, ovvero filtri ultravioletti, necessari ad assorbire e riflettere i raggi UV-A e UV-B. Si tratta di sostanze sia organiche (ad esempio benzofenoni, p-aminobenzoati e canfora) sia inorganiche [ad esempio ossidi di nanoparticelle: biossido di titanio (TiO2) e ossido di zinco (ZnO)]. I componenti delle protezioni solari entrano nell’ambiente marino, disperdendosi sia nella colonna d’acqua sia nei sedimenti, come conseguenza dell’immissione diretta da parte dei bagnanti ma anche, indirettamente, attraverso gli scarichi di acque reflue domestiche e industriali. Questi inquinanti emergenti sono talmente diffusi che stanno cominciando ad intaccare anche i bacini di acqua dolce come fiumi e laghi.
Posidonia oceanica: quanto è sensibile questa pianta marina mediterranea alle creme solari?
Alcuni filtri solari inquinanti come ossibenzone (BP3), 4-metilbenzilidene canfora (4-MBC), metilparabeni, avobenzone 4-metile, benzofenone (BP4), benzotriazole (MeBZT) sono stati ritrovati anche nelle fronde e nei rizomi della Posidonia oceanica. Posidonia è una pianta marina endemica del Mediterraneo che si estende in ampie praterie e che offre numerosi servizi ecosistemici: è casa per moltissime specie marine, soprattutto in fase giovanile, fornisce protezione dall’erosione costiera e sequestra biossido di carbonio dall’atmosfera.
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L’accumulo di queste sostanze tossiche all’interno di Posidonia ha effetti ancora incerti, ma gli studiosi sono già in allerta sulle possibili conseguenze sia a livello fisiologico – come le alterazioni dei processi riproduttivi e di fotosintesi – sia a livello ecosistemico -.
Considerando la conformazione del Mar Mediterraneo in quanto bacino semichiuso e con ridotto ricircolo di acqua, i livelli di inquinanti possono raggiungere concentrazioni elevate in poco tempo. Da tenere conto è anche la forte pressione antropica presente in quest’area data dalle attività industriali e dal turismo, l’immissione di nutrienti e le ondate di calore che aumentano repentinamente la temperatura delle acque. Tutti questi fattori possono produrre effetti sinergici, mettendo a dura prova la sopravvivenza di questa pianta marina.
Vista l’importanza chiave di Posidonia in questo ecosistema, è bene diffondere la consapevolezza legata ai danni ambientali causati da queste sostanze inquinanti contenute all’interno delle protezioni solari, regolamentandone l’uso e fornendo alternative sostenibili per la protezione dei bagnanti. La perdita delle praterie di Posidonia si è già dimostrata fortemente dannosa in diverse aree costiere, bisogna agire per tutelarla.
Attenzione al greenwashing e al bluewashing!
Nonostante l’emergenza causata da questi prodotti, non esiste ancora una legislazione chiara riguardo l’utilizzo dei filtri solari dannosi in molte parti del Mediterraneo. Con l’attenzione mediatica che sta finalmente ricevendo l’oceano ed il tema della sostenibilità in generale, alcuni brand fanno leva su queste tematiche, mettendo in commercio creme “sicure per la barriera corallina”. Viene assicurata infatti l’assenza di ossibenzone, ma questi prodotti contengono comunque altri filtri solari dannosi per l’ecosistema marino. Per questo è importante leggere bene l’INCI e non fidarsi solo di un bollino presente nella confezione.
Cosa possiamo fare?
È cruciale informarsi prima dell’acquisto. Oltre all’acquisto di creme ocean-friendly, quindi prive dei composti chimici prima menzionati, un semplice esempio da seguire per ridurre il consumo di creme solari e diminuire l’impatto sull’ambiente marino è quello di evitare le ore più calde e proteggersi dal sole con gli ombrelloni, o indossando indumenti appositi anche mentre si fa il bagno in mare.
Anche se dipende molto dal modello utilizzato, in generale l’aria condizionata ha un grande impatto sull’ambiente in termini di emissioni di gas serra, produzione di calore in eccesso e immissione di inquinanti nell’ambiente. Il motivo principale si trova nell’utilizzo di sostanze refrigeranti, che rilasciano gas serra nell’atmosfera in quantità circa pari al doppio delle emissioni dovute al consumo di elettricità derivante da fonti fossili. Vi assicuriamo che si può passare l’estate al fresco limitando l’utilizzo di aria condizionata se si mettono in atto piccoli accorgimenti.
Oggi, l’utilizzo dei condizionatori per stare al fresco rappresenta quasi il 20% dell’elettricità totale utilizzata negli edifici di tutto il mondo. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, le emissioni di gas serra legate all’aria condizionata raddoppieranno tra il 2016 e il 2050. In Francia, per esempio, l’ADEME ha stimato che l’aria condizionata da sola rappresenta già il 5% delle emissioni dell’intero settore edilizio. Oggi, in Italia, circa il 30 per cento della popolazione possiede un condizionatore, secondo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università della California di Berkeley e dell’Università tedesca di Mannheim e pubblicato nel 2021, nel 2050 sarà il 50 per cento.
I nostri tentativi di rinfrescarci, in realtà contribuiscono a rendere il pianeta sempre più caldo. Se da un lato può essere necessario usare l’aria condizionata per le persone vulnerabili e per condizioni specifiche, dall’altro è fondamentale iniziare a conoscere e attuare sei semplici azioni da intraprendere in città, a casa e in ufficio per passare l’estate al fresco limitando l’uso dell’aria condizionata.
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1. Creare un ambiente ombreggiato, limitando l’ingresso del sole
Quando il sole inizia a splendere dalla finestra, cerca di limitare l’ingresso utilizzando delle tende, soprattutto se le finestre sono orientate a sud e a ovest. Alcuni edifici lasciano comunque passare la luce, mentre bloccano efficacemente l’esposizione diretta al sole. Per esempio, quando esci di casa al mattino ricordati di tirare un po’ giù le tapparelle o chiudi le finestre quando la temperatura esterna è superiore a quella interna. Queste piccole azioni ti permetteranno di mantenere un ambiente fresco.
2. Circondarsi di piante
Circondarsi di piante contribuisce a raffreddare l’atmosfera della stanza o per isolare la casa dall’ambiente esterno. Le piante contribuiscono anche ad aumentare l’umidità della sala.
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3. Lasciare circolare l’aria di notte
Quando la giornata sta per finire e l’aria si rinfresca, apri tutte le finestre per far circolare il più possibile l’aria negli spazi interni della casa. Rinfrescare l’ambiente durante la notte è uno dei metodi migliori per passare le giornate estive al fresco.
4. Farsi aiutare dall’umidità
Mettere dei secchi d’acqua nella stanza, bloccare la finestra con lenzuola bagnate o aggiungere altri oggetti umidi può rinfrescare l’atmosfera intorno a voi.
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5. Vestirsi nel modo giusto: abiti ampi e tessuti naturali
Scegliere un abbigliamento adeguato quando fa caldo è fondamentale per restare freschi d’estate. Vestiti ampi, di tessuti naturali e dai colori chiari sono le opzioni migliori da scegliere per proteggersi dal caldo: lino, cotone organico e canapa aiutano la pelle a respirare e a regolare la temperatura corporea. Non dimenticate di indossare un cappello e gli occhiali da sole per proteggervi dai raggi solari se uscite all’aperto.
6. Rimanere idratati e mangiare i cibi giusti
Anche il cibo ha un ruolo importante per aiutarci. Bere acqua a sufficienza è fondamentale per evitare lo stress da calore e diminuire la probabilità di essere soggetti a colpi di calore. Inoltre, il cibo che si mangia ha un impatto più o meno positivo sul riscaldamento corporeo. Privilegiare pasti freschi, ricchi di frutta e verdura, sali minerali e vitamine è un passo avanti per aiutare il nostro corpo a regolarsi durante le stagioni più calde. Evitare di mangiare proteine animali e pasti altamente calorici è un buon inizio.
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7. Stare a contatto con la natura
Durante il tempo libero e le pause pranzo cercare di stare all’aria aperta preferendo zone alberate e ombreggiate. Nel weekend, cercare di uscire dalla città facendo giri in bicicletta, passeggiate in montagna o lungo un fiume, bagni al mare e esplorando i parchi naturali e le aree protette della zona. Qual è il luogo migliore per passare l’estate al fresco se non stando in mezzo alla natura?
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8. Se proprio bisogna utilizzare l’aria condizionata…
Infine, se proprio si deve utilizzare l’aria condizionata, ricordati di:
Scegliere bene il sistema, poiché l’impronta ecologica varia notevolmente da un modello all’altro.
Moderare il suo utilizzo. Per esempio, impostare la temperatura a 27°C invece che a 22 può dimezzare il consumo energetico dell’apparecchio.
L’articolo indaga come varia la salinità nei diversi bacini oceanici, confrontandoli tra loro e scoprendo qual è il più salato e perché.
La salinità dell’acqua marina (chiamata salinità) varia notevolmente nei vari bacini oceanici. Gli scienziati si riferiscono alla salinità come parti per mille (ppm), che rappresenta la quantità totale di sale disciolto nell’acqua: grammi di sale disciolti in un chilogrammo di acqua.
Come si misura la salinità?
Gli strumenti utilizzati per misurare la salinità sono diversi, ma ricordiamo i principali:
Il rifrattometro: strumento di misura ottico che sfrutta le diverse lunghezze d’onda per determinare l’indice di rifrazione di una sostanza e misurare la concentrazione di sale nell’acqua.
Il densimetro: strumento per misurare direttamente la densità del liquido e quindi capirne la salinità.
Le immagini satellitari: satelliti come l’Aquarius della NASA, scattano immagini della stessa zona periodicamente, di solito con una frequenza settimanale. Questi satelliti sono in grado di calcolare e rappresentare la salinità utilizzando una scala di colori. Ogni colore rappresenta una determinata quantità di sostanze organiche ed inorganiche disciolte nell’acqua in quel preciso momento.
Le precipitazioni e l’evaporazione determinano la distribuzione della salinità, controllata anche dalle correnti d’acqua. Ma la salinità in una specifica parte dell’oceano dipende anche dal deflusso dei fiumi. Vicino all’equatore, i tropici ricevono costantemente la maggior quantità di pioggia. Di conseguenza, l’acqua dolce che cade nell’oceano contribuisce a diminuire la salinità dell’acqua superficiale in quella regione. Man mano che ci si sposta verso i poli, le piogge diminuiscono e, con meno pioggia e più sole, aumenta l’evaporazione dell’acqua marina in superficie.
Alcuni laghi, come il Mono Lake in California e il Mar Caspio in Asia, sono ancora più salati. L’evaporazione può far sì che corpi idrici isolati diventino estremamente salati, o ipersalini. Un buon esempio è il Mar Morto. L’alto contenuto di sale del Mar Morto aumenta drasticamente la densità delle sue acque, consentendo agli esseri umani di galleggiare molto più che nell’oceano. I sali vengono lasciati quando l’acqua evapora da queste fonti d’acqua senza sbocco sul mare. I livelli di sale continuano ad aumentare nel tempo. Molti di questi laghi salini si trovano in luoghi aridi, con scarse precipitazioni e temperature calde durante il giorno.
Una curiosità sul Mar Morto
Il Mar Morto ha una salinità di 280 ppm, circa otto volte più salata dell’acqua marina media (35 ppm). È così salato che non esistono pesci o piante acquatiche che possano viverci, tuttavia, alcune colonie di batteri e microalghe sono riuscite ad adattarsi e sopravvivere a questo ecosistema iper-salato.
La salinità delle acque superficiali del bacino dell’Oceano Pacifico è fortemente influenzata dai venti, dalle precipitazioni e dai modelli di evaporazione. Le acque della fascia di calma di vento vicino all’Equatore hanno in genere salinità più basse di quelle della fascia degli alisei. Ciò è dovuto al fatto che vicino all’Equatore piove molto e l’evaporazione è scarsa; la salinità può arrivare a 34 ppm. La salinità nelle zone aperte del sud-est, invece, può raggiungere i 37 ppm, mentre le salinità più basse, meno di 32 ppm, si trovano all’estremo nord del Pacifico.
Bacino dell’Oceano Atlantico
Le acque superficiali dell’Atlantico settentrionale hanno livelli di salinità che superano i 37 ppm, tra i più alti al mondo. I livelli di salinità nell’Atlantico meridionale sono più bassi, con circa 34,5 ppm. Questa discrepanza, ad esempio, può essere spiegata dalla forte evaporazione del Mar Mediterraneo e dallo scarico di acqua ad alta salinità, che contribuisce a mantenere più alta la salinità dell’Atlantico settentrionale.
Il Mar dei Sargassi, che copre circa 2 milioni di miglia quadrate e si trova a circa 2.000 miglia a ovest delle Isole Canarie, è la regione più salata dell’Atlantico settentrionale. L’alga marrone galleggiante “sargassum“, da cui deriva il nome del mare, separa il Mar dei Sargassi dall’oceano aperto. L’elevata temperatura dell’acqua (fino a 28.3°C) e la lontananza del Mar dei Sargassi dalla terraferma sono causa della sua elevata salinità. Questo mare infatti non riceve afflussi di acqua dolce.
Una curiosità sul Mar Mediterraneo
Il Mar Mediterraneo, ad esempio, è più salato del resto del bacino dell’Oceano Atlantico. Studiando il sale del Mar Mediterraneo, gli scienziati hanno scoperto che 5,33 milioni di anni fa il Mar Mediterraneo si è prosciugato per un lungo periodo di tempo. Questo periodo è noto come Crisi di Salinità del Mediterraneo (MSC-Messinian Salinity Crisis).
La salinità delle acque superficiali del bacino dell’Oceano Indiano varia da 32 a 37 ppm, con sostanziali variazioni regionali. La zona subtropicale dell’emisfero meridionale presenta un’elevata salinità superficiale, mentre le zone a bassa salinità vanno dall’Indonesia al Madagascar lungo 10° S. A 60°S, la salinità dell’acqua superficiale è compresa tra 33 e 34 ppt.
Il Mar Arabico ha uno strato superiore ad alta salinità, raggiungendo i 37ppm a causa degli alti tassi di evaporazione.
A causa del drenaggio di acqua dolce dai fiumi, la salinità dello strato superficiale del Golfo del Bengala è significativamente ridotta, meno di 32 ppm.
Una curiosità sul Mar Arabico
Il bacino settentrionale dell’Oceano Indiano presenta una salinità superficiale del mare dipolare, unica nel suo genere anche alla stessa fascia di latitudine. Ciò è dovuto al fatto che il Mar Arabico è dominato da regimi di alta e bassa evaporazione ed è la principale regione di deflusso delle acque ad alta salinità: Mar Rosso e Golfo Persico. Al contrario, il Golfo del Bengala è caratterizzato da precipitazioni più abbondanti e dal deflusso di acqua dolce dai fiumi più grandi del mondo (Gange e Brahmaputra).
Tuttavia, il Mar Arabico e il Golfo del Bengala si scambiano acqua intorno allo Sri Lanka, mantenendo un equilibrio di acqua salata.
Bacini dell’Oceano Artico e dell’Oceano Meridionale
Le basse salinità si verificano nei mari polari, dove l’acqua salata è diluita dallo scioglimento dei ghiacci e dalle continue precipitazioni. Anche i mari ricchi di foci di fiumi o le insenature costiere che ricevono un consistente deflusso dalle precipitazioni che cadono sulla terraferma possono avere basse salinità. Sebbene il bacino dell’Oceano Artico sia generalmente più fresco rispetto agli altri oceani, con livelli di salinità che vanno da 30 a 34 ppm, i livelli di salinità variano da regione a regione e le aree con forte afflusso fluviale possono avere salinità ancora più basse.
D’altra parte, il bacino dell’Oceano Meridionale è caratterizzato da un’elevata salinità superficiale del mare (SSS) a nord del fronte subtropicale, grandi gradienti di salinità attraverso i principali fronti polari e bassa salinità superficiale nella zona antartica a sud del fronte polare.
La seconda Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano (UN Ocean Conference) del 2022, co-ospitata dai governi di Kenya e Portogallo, si terrà dal 27 giugno all’1 luglio 2022 a Lisbona, in Portogallo. Ma che cos’è e perché è importante questa conferenza?
La Conferenza delle Nazioni Unite sull’oceano è la conferenza dedicata all’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Questa conferenza mondiale è nata per mobilitare azioni per la conservazione, la protezione e l’uso sostenibile dell’oceano, dei mari e delle risorse marine.
Perché un’intera conferenza dedicata all’oceano e ai temi marittimi?
L’oceano ci collega tutti quanti in tutto il mondo. Gli ecosistemi, la biodiversità delle specie di flora e fauna, l’abbondanza delle sue risorse e la sua energia sono vitali per la Terra. La salute dell’oceano è fondamentale per il benessere dell’umanità e dell’intero pianeta, ma l’attività antropica ha deteriorato l’oceano, mettendo in pericolo anche la nostra stessa esistenza.
Nonostante ciò, l’uomo ha maltrattato l’oceano ricco di vita al punto che circa il 40% degli ecosistemi marini è stato danneggiato. Per troppo tempo si è creduto che l’oceano fosse infinito e non influenzato dalle attività umane. Gli scienziati hanno iniziato a sollevare le prime preoccupazioni sulla salute dell’ambiente e dell’oceano già negli anni ’70, ma solo di recente questi temi hanno assunto una rilevanza adeguata dal punto di vista politico e mediatico.
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Gli effetti futuri sull’ecosistema del pianeta non sono ancora tutti noti, ma le conseguenze per l’umanità non sono positive. Stiamo già iniziando a vedere e a convivere con queste conseguenze. Gli eventi meteorologici estremi colpiscono milioni di persone in tutto il mondo, come le ondate di calore, siccità, forti piogge e inondazioni. In ogni bacino oceanico circolano giganteschi vortici di rifiuti che si accumulano sulla superficie dell’oceano, nella colonna d’acqua e persino negli abissi più profondi del pianeta. Le zone morte, ipossiche – con poco o senza ossigeno -, si stanno espandendo lungo le nostre coste e le fioriture di alghe e mucillagini tossiche stanno soffocando gli ambienti marini e costieri. Le scogliere coralline, che sostengono la vita di moltissime forme di corallo, si stanno sbiancando, diventando cimiteri privi di vita.
Questo ha portato alla distruzione degli habitat e alla perdita di biodiversità marina. Se questa tendenza persiste, la vita marina in generale sarà seriamente minacciata. Tutti questi problemi derivano dalle attività umane. Spetta quindi all’uomo trovare le soluzioni e mettere in atto azioni concrete.
Conferenza delle Nazioni Unite sull’ Oceano – Lisbona 2022
La Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano si terrà quest’anno a Lisbona dal 27 giugno all’1 luglio, co-ospitata dai governi del Kenya e del Portogallo. La Conferenza giunge in un momento critico in cui il mondo sta cercando di affrontare molti dei problemi radicati delle nostre società, messi a nudo dalla pandemia COVID-19, che richiederanno importanti trasformazioni strutturali e soluzioni comuni e condivise, ancorate agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Per mobilitare l’azione, la Conferenza cercherà di promuovere le necessarie soluzioni innovative basate sulla scienza, volte ad avviare un nuovo capitolo dell’azione globale per l’oceano.
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Vale la pena menzionare il crescente interesse e l’importanza acquisita negli ultimi anni del campo dell’Educazione all’Oceano (Ocean Literacy). È diventato chiaro che le persone si preoccupano di ciò che amano e amano ciò che conoscono: l’Educazione all’Oceano mira a promuovere e rafforzare il legame emotivo tra l’oceano e la società, rafforzando gli sforzi globali per la protezione dell’oceano promuovere comportamenti che rispettano l’oceano stesso.
Durante la Conferenza, IOC-UNESCO organizza importanti eventi che forniscono l’opportunità per sbloccare le conoscenze necessarie a raggiungere l’obiettivo per l’oceano che vogliamo.
L’Obiettivo di sviluppo sostenibile 14 dell’Agenda 2030
L‘Agenda 2030, adottata dai 193 Stati membri delle Nazioni Unite nel 2015, si articola sui 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS): l’OSS14 mira a “Conservare e utilizzare in modo sostenibile l’oceano, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile” stabilendo target specifici per conservare e utilizzare in modo sostenibile i bacini oceanici e le risorse marine. L’OSS14 è l’unico piano pratico concordato a livello globale per la conservazione e la gestione sostenibile delle risorse marine; la sua fedele attuazione è quindi la nostra migliore speranza per porre rimedio alle sfide dell’oceano.
I target dell’OSS14 sottolineano, nello specifico, la necessità di lavorare e migliorare nelle seguenti aree: inquinamento marino, conservazione attraverso aree marine protette, acidificazione dell’oceano, regolamentazione delle pratiche di pesca e aumento della ricerca per promuovere la conoscenza scientifica e la consapevolezza.
La prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano – New York 2017
La prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’oceano si è tenuta nel giugno 2017 presso la sede UN a New York (U.S.A.) ed è stata co-ospitata dai governi delle Figi e della Svezia. Era composta da capi di Stato e di governo, rappresentanti della società civile, leader aziendali, portatori d’interesse, accademici, scienziati e sostenitori dell’oceano e della vita marina provenienti da oltre 150 Paesi.
Questa Conferenza ha rappresentato un passo decisivo per la preparazione all’inizio del Decennio delle Nazioni Unite delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile. In particolare, ha promosso i progressi nell’attuazione dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14, parte fondamentale dell’Agenda 2030.
Questa prima conferenza ha rappresentato una svolta per invertire il declino della salute dell’oceano, puntando a un maggiore coinvolgimento della società, delle aziende private, dei responsabili politici e delle parti interessate in generale. L’azione coordinata ed efficace di nuovi partenariati concreti ha rappresentato – e rappresenta tuttora – l’elemento chiave per sostenere l’SDG14 e per proporre soluzioni tangibili. Lo scambio di conoscenze e competenze tra le diverse parti è un passo essenziale verso lo sviluppo sostenibile ed il ripristino attivo dei nostri ecosistemi marini.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha dichiarato che azioni globali decisive e coordinate potrebbero risolvere i problemi derivanti dall’attività antropica, nominando l’ambasciatore delle Figi, Peter Thomson, come inviato speciale per l’oceano. Peter Thomson ha sottolineato l’importanza della conferenza: “Se vogliamo un futuro sicuro per le specie su questo pianeta – incluso l’essere umano -, dobbiamo agire ora sulla salute dell’oceano e sul cambiamento climatico”.
Sono stati definiti i principali elementi perseguiti per ripristinare l’oceano, puntando a un oceano sano, pulito, resiliente, prevedibile, sicuro e coinvolgente.
Questa prima edizione della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano ha rappresentato il primo passo sostanziale e la prima chiamata all’azione per ottenere la scienza di cui abbiamo bisogno per l’oceano che vogliamo.
In questo articolo esamineremo le fonti di sale nel mare e risponderemo alla domanda: perché l’oceano è salato? Ma prima di rispondere a questa domanda, ripassiamo alcuni concetti base:
Circa il 70% della superficie terrestre è coperta dall’oceano. Sul totale dell’acqua presente sulla Terra, il 3% è acqua dolce e quasi il 97% dell’acqua è salata.
I sei elementi chimici più abbondanti nell’oceano sono cloruro, sodio, potassio, solfato, magnesio e calcio, che costituiscono il 99% dei sali marini.
Il punto di congelamento dell’acqua salata è di -2 °C; il punto di congelamento dell’acqua dolce è di 0 °C.
L’acqua salata ha anche un’importanza economica. Per esempio, il sale marino che usiamo in cucina spesso proviene proprio dall’evaporazione dell’acqua di mare che è una fonte naturale di sodio.
Da dove proviene tutto il sale che si trova nell’oceano e nei suoi mari?
Il sale nell’oceano proviene principalmente da due fonti:
1.Deflusso dal terreno
La pioggia trasporta ioni minerali dal terreno all’acqua. L’acqua piovana è leggermente acida, poiché una parte del biossido di carbonio presente nell’aria si dissolve in essa. Quando la pioggia cade sulle rocce, queste rilasciano sali minerali, i quali si separano in ioni. Questi ioni vengono poi trasportati dall’acqua e finiscono in mare. Oltre il 90% di tutti gli ioni presenti nell’acqua salata sono sodio e cloruro, i principali ingredienti del sale usato in cucina.
2.Aperture o sfiatatoi nel fondo marino
Anche i fluidi idrotermali sono una fonte di sali nell’oceano. L’acqua filtra attraverso le fessure del fondo marino, qui viene scaldata dal materiale lavico e magmatico proveniente dall’interno della Terra. L’aumento di temperatura da il via ad una serie di reazioni chimiche: l’acqua tende a perdere ossigeno, magnesio e solfati e a raccogliere metalli come ferro, zinco e rame dalle rocce circostanti.
Alcuni sali oceanici trovano la loro origine da eruzioni vulcaniche sottomarine, fenomeni che rilasciano i minerali direttamente in mare.
Quang Nguyen Vinh by Pexles
Qual è l’effetto del sale nell’acqua?
A parità di temperatura, l’acqua di mare è più densa dell’acqua dolce a causa del sale che contiene. Questo accade perché le molecole di acqua (H₂O) si raggruppano intorno alle molecole di sale e il risultato è che l’acqua salata ha complessivamente un numero maggiore di molecole rispetto all’acqua dolce, rendendola più densa e facendola sprofondare sotto l’acqua dolce o meno densa.
I sali e i minerali sono utilizzati in gran parte anche dalla vita marina: gli organismi, ad esempio, rimuovono ferro, zinco e rame dall’acqua.
Le differenze di salinità e temperatura dell’acqua marina nei bacini oceanici creano quelle che conosciamo come masse d’acqua oceaniche. Queste masse con salinità e temperatura diverse rendono possibile lo spostamento dell’acqua e il trasporto di sostanze nutritive in tutto il mondo. Questo fenomeno è chiamato circolazione oceanica profonda e ha un ruolo fondamentale per la regolazione delle correnti e il trasporto di calore.
A causa della maggiore densità dell’acqua salata dell’oceano, persone, animali e altri oggetti galleggiano di più nell’acqua di mare che in quella dolce. Ogni bacino oceanico e mare ha delle determinate caratteristiche in termini di salinità, pensate a cosa succede nel Mar Morto.
Distribuzione masse d’acqua – Illustrazione di Esteban Gottfried Burguett
L’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14 (OSS 14) è l’unica tabella di marcia concordata a livello globale per la conservazione e la gestione sostenibile delle risorse marine. La sua fedele attuazione è, quindi, la nostra migliore speranza di porre rimedio alle sfide dell’oceano. L’obiettivo 14 è una chiamata all’azione per i cittadini e i governi dell’intero pianeta. Gli esperti concordano sul fatto che i dieci target individuati possono riportare in equilibrio il rapporto tra l’oceano e l’essere umano.
“Vita sott’acqua” è un’area chiave degli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite su scala globale. Gli attori civili di tutto il pianeta si stanno unendo per trovare nuove modalità per mobilitare l’azione per la conservazione, la tutela e l’uso sostenibile dell’oceano.
Tutti gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) sono strettamente collegati tra loro, come ha dichiarato Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite durante l’apertura della seconda Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano a Lisbona (2022):
La nostra incapacità di prenderci cura dell’oceano avrà effetti a catena sull’intera Agenda 2030
Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite
L’impatto dell’OSS 14 non si limita solo alla vita sott’acqua e all’ambiente marino, ma influenza anche il corretto funzionamento delle tematiche sociali, culturali ed economiche e quindi mantenere integro l’intero spettro delle vite e delle culture umane. Ecco perché è fondamentale attuare azioni concrete per raggiungere gli obiettivi dell’OSS14.
Perché un obiettivo interamente dedicato all’oceano?
Abbiamo più volte parlato dell’importanza dell’oceano nella regolazione dei cicli naturali. Tuttavia, non è mai abbastanza sufficiente ricordare le meraviglie e le sfide che l’oceano deve affrontare al giorno d’oggi.
Nel 2015, gli Stati membri dell’ONU hanno formulato l’Agenda 2030, costituita da 17 Obiettivi per lo sviluppo Sostenibile (OSS), che toccano tutti gli ambiti della vita quotidiana. È impensabile guidare un cambiamento concreto per un rapporto più sostenibile tra l’uomo e la natura senza considerare l’oceano.
L’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14 (OSS 14) affronta le sfide principali dell’oceano e suggerisce modi tangibili per affrontarle.
Dall’avvento della civiltà moderna, l’oceano è stato trattato come uno spazio privo di regole. Un eccesso di pesca senza precedenti e l’uso di metodi distruttivi, come quelli utilizzati dai pescherecci a strascico, hanno amplificato lo stress sugli organismi marini e causato il declino delle specie. L’aumento delle emissioni di gas serra, con conseguente riscaldamento globale, stanno portando ad un aumento della temperatura e dell’acidificazione dell’oceano senza precedenti. Inoltre, l’afflusso di nutrienti vegetali, dovuto principalmente a pratiche di produzione agricola industriale obsolete, ha alimentato l’eutrofizzazione degli ecosistemi marini.
Ogni fattore di stress, in base alla sua intensità e durata, può avere molti effetti negativi sulla vita marina. Tuttavia, i fattori di stress raramente si presentano in modo isolato. La vita marina, in qualsiasi zona dell’oceano, va incontro quotidianamente ad una combinazione unica di fattori di stress. Questi fattori agiscono in sinergia, per questo vengono chiamati stress multipli.
Questi impatti negativi sull’ambiente marino hanno causato gravi problematiche sociali ed economiche a livello globale. Per questo è richiesta un’azione collettiva e immediata per trovare soluzioni innovative e favorire il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.
Possiamo avere un ruolo, come società, per invertire la rotta
Il forum chiave per amplificare e aggiornare gli obiettivi dell’OSS 14 sono le Conferenze delle Nazioni Unite sull’Oceano. La prima conferenza si è svolta a New York nel 2017, distinguendosi come punto di connessione vitale tra capi di Stato e di governo, rappresentanti della società civile, leader aziendali e imprenditori, accademici, scienziati, giovani e sostenitori dell’oceano e della vita marina. Nel 2017 il dialogo si è focalizzato nell’apprendere molte delle sfide e delle problematiche legate nel nostro rapporto con l’oceano, per esempio l’inquinamento da plastica. Per intensificare l’azione su soluzioni comuni e condivise, ancorate all’Agenda 2030, è necessaria una cooperazione globale e transdisciplinare. Per mobilitare l’azione di cui l’oceano ha bisogno, le Conferenze cercano di promuovere la ricerca di soluzioni innovative basate sulla scienza e avviare un nuovo capitolo dell’azione globale per l’oceano.
I dieci target dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14
Scienziati, attivisti e responsabili politici hanno pensato a come raggiungere gli obiettivi formulati nell’ambito dell’OSS14. Hanno sviluppato dieci target e dieci indicatori che evidenziano la necessità di lavorare e migliorare nelle seguenti aree: inquinamento marino, conservazione attraverso l’istituzione di Aree Marine Protette, acidificazione dell’oceano, regolamentazione delle pratiche di pesca e aumento della ricerca per promuovere la conoscenza e la consapevolezza scientifica, che consentirebbe alla vita di continuare a prosperare sopra e sotto l’acqua.
Obiettivo 14.1 Entro il 2025, prevenire e ridurre in modo significativo ogni forma di inquinamento marino, in particolar modo quello derivante da attività esercitate sulla terraferma, compreso l’inquinamento dei detriti marini e delle sostanze nutritive.
Obiettivo 14.2 Entro il 2020, gestire in modo sostenibile e proteggere l’ecosistema marino e costiero per evitare impatti particolarmente negativi, anche rafforzando la loro resilienza, e agire per il loro ripristino in modo da ottenere un oceano salubre e produttivo.
Obiettivo 14.3 Ridurre al minimo e affrontare gli effetti dell’acidificazione dei bacini oceanici, anche attraverso una maggiore collaborazione scientifica su tutti i livelli.
Obiettivo 14.4 Entro il 2020, regolare in modo efficace la pesca e porre termine alla pesca eccessiva, illegale, non dichiarata e non regolamentata e ai metodi di pesca distruttivi. Implementare piani di gestione su base scientifica, così da ripristinare nel minor tempo possibile le riserve ittiche, riportandole almeno a livelli che producano il massimo rendimento sostenibile, come determinato dalle loro caratteristiche biologiche.
Obiettivo 14.5 Entro il 2020, preservare almeno il 10% – l’obiettivo globale per il 2030 ora è al 30% – delle aree costiere e marine, in conformità al diritto nazionale e internazionale e basandosi sulle informazioni scientifiche disponibili più accurate.
Obiettivo 14.6 Entro il 2020, vietare quelle forme di sussidi alla pesca che contribuiscono a un eccesso di capacità e alla pesca eccessiva, eliminare i sussidi che contribuiscono alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e astenersi dal reintrodurre tali sussidi, riconoscendo che il trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo e per quelli meno sviluppati che sia appropriato ed efficace, dovrebbe essere parte integrante dei negoziati per i sussidi alla pesca dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Obiettivo 14.7 Entro il 2030, aumentare i benefici economici dei piccoli stati insulari in via di sviluppo e dei paesi meno sviluppati, facendo ricorso a un utilizzo più sostenibile delle risorse marine, compresa la gestione sostenibile della pesca, dell’acquacoltura e del turismo.
Obiettivo 14.A Aumentare la conoscenza scientifica, sviluppare la capacità di ricerca e di trasmissione della tecnologia marina, tenendo in considerazione i criteri e le linee guida della Commissione Oceanografica Intergovernativa sul Trasferimento di Tecnologia Marina, con lo scopo di migliorare la salute dell’oceano e di aumentare il contributo della biodiversità marina allo sviluppo dei paesi emergenti, in particolar modo dei piccoli stati insulari in via di sviluppo e dei paesi meno sviluppati.
Obiettivo 14.B Fornire l’accesso ai piccoli pescatori artigianali alle risorse e ai mercati marini.
Obiettivo 14.C Potenziare la conservazione e l’utilizzo sostenibile dell’oceano e delle sue risorse applicando il diritto internazionale, come riportato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, che fornisce il quadro legale per la conservazione e per l’utilizzo sostenibile dell’oceano e delle sue risorse, come riferito nel paragrafo 158 de “Il futuro che vogliamo”.
Un oceano sostenibile nell’interesse dell’umanità
Il raggiungimento degli obiettivi dell’OSS14 è un fattore chiave per il raggiungimento di tutti gli altri Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.
È alla guida del Decennio del Mare, la leggete continuamente nel nostro sito, nei nostri social e nelle nostre comunicazioni, ma chi è IOC-UNESCO?
La Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’UNESCO (IOC-UNESCO) è l’organismo delle Nazioni Unite responsabile del coordinamento dei programmi e servizi in ambito oceanografico a livello globale. La Commissione è stata istituita nel 1960 come organismo dotato di autonomia funzionale all’interno dell’UNESCO. Come accennato brevemente sopra, IOC-UNESCO promuove la cooperazione internazionale e coordina i programmi di ricerca, i servizi e lo sviluppo delle capacità per conoscere meglio la natura e le risorse dell’oceano e delle zone costiere. Tali conoscenze vengono poi applicate per:
migliorare la gestione delle risorse marine globali
attuare un piano di sviluppo sostenibile marino e costiero
supportare i processi decisionali dei 150 Stati Membri.
IOC-UNESCO sostiene tutti i suoi Stati Membri nello sviluppo delle loro capacità scientifiche e istituzionali per raggiungere gli obiettivi globali delineati nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, nell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico e nel Quadro di Sendai sulla riduzione del rischio di disastri.
Quali sono gli obiettivi di IOC-UNESCO?
Gli obiettivi di alto livello che IOC-UNESCO ha prefissato tra il 2014 e il 2021 sono:
Ecosistemi marini sani e servizi ecosistemici garantiti
Aumento della resilienza al cambiamento e alla variabilità del clima e miglioramento della sicurezza, dell’efficienza e dell’efficacia delle attività oceaniche attraverso servizi, strategie di adattamento e mitigazione basate sulla scienza
Maggiore conoscenza delle problematiche emergenti delle scienze del mare
IOC-UNESCO è un forum globale unico per la comprensione e la gestione dell’oceano composta da diversi organi governativi che coordinano le attività a livello globale.
General Conference
Si riunisce ogni due anni con la partecipazione di tutti gli Stati Membri parte di UNESCO. Ha sede presso il il quartier generale dell’UNESCO a Parigi, in Francia.
Stati Membri
IOC-UNESCO è composta da 150 Stati Membri (dato aggiornato a luglio 2019) che collaborano per salvaguardare la salute dell’oceano attuando programmi di osservazioni oceaniche, allerta tsunami e pianificazione dello spazio marittimo.
Assembly
L’Assemblea si riunisce una volta ogni due anni con lo scopo principale di esaminare il lavoro della Commissione, compreso quello degli Stati Membri e del Segretariato, e di formulare un piano di lavoro comune per i due anni successivi.
The Executive Council
Composto da 58 Stati Membri, eletti da e tra tutti gli Stati Membri, si riunisce due volte l’anno per esaminare l’andamento del lavoro in corso d’opera. Durante le riunioni, si preparano anche i punti da discutere nelle Assemblee e si prendono decisioni per le Conferenze generali.
Secretariat
Il Segretariato di IOC-UNESCO ha sede a Parigi, in Francia. I servizi generali e i servizi centrali supportano l’UNESCO nell’informazione pubblica, la pianificazione strategica attraverso la creazione di partenariati, la gestione finanziaria, l’audit, le risorse umane, gli affari legali, la gestione di dati e tecnologie, la gestione di progetti. Insieme ai vari settori UNESCO, ci sono gli istituti e i centri di categoria 1 che si occupano di compiti specifici, come per esempio l’istituto dell’educazione.
Stati Membri IOC-UNESCO – Illustrazione di Esteban Gottfried Burguett
Quali sono i programmi di IOC-UNESCO?
Il trasferimento critico delle conoscenze è essenziale per raggiungere gli obiettivi previsti e migliorare la gestione dell’oceano a livello locale e globale. Le strategie e gli obiettivi sono collegati a programmi e meccanismi di collaborazione a lungo termine con diversi organi e programmi di IOC, come:
Global Ocean Observing System (GOOS)
International Oceanographic Data and Information Exchange (IODE)
Ocean Biogeographic Information System (OBIS)
World Climate Research Programme (WCRP)
Ocean Science Programme (OSP)
Integrated Coastal Area Management (ICAM)
Harmful Algal Blooms (HAB)
IOC-UNESCO contribuisce anche ai programmi educativi e alla formazione di network di educatori tramite la partecipazione alla European Marine Science Educators Association (EMSEA) e alla sua rete mediterranea (EMSEA-MED).
Qual è il ruolo dell’IOC Project Office di Venezia?
L’Ufficio Regionale UNESCO per la Scienza e la Cultura in Europa ospita un’unità di IOC-UNESCO. Nell’ambito delle sue attività di capacity building, IOC-UNESCO si dedica a programmi di Educazione all’Oceano e comunicazione delle scienze del mare. I programmi di formazione sviluppati coinvolgono tutte le sfere della società, non sono esclusivi per scuole e bambini.
L’ufficio di Venezia è quindi in prima linea nello sviluppo e nella diffusione delle conoscenze sull’alfabetizzazione oceanica a livello globale. Tra le attività, è stata creata una piattaforma globale per lo scambio di informazioni e contenuti educativi, l’Ocean Literacy Portal. Il portale è una piattaforma di connessione tra ricercatori, educatori oceanici e specialisti delle politiche.
Il programma di Educazione all’Oceano ha avviato un progetto parte delle iniziative del Decennio del Mare a livello globale, chiamato Ocean Literacy With All (OLWA). OLWA mira a promuovere la comprensione dell’importanza di agire per il cambiamento di comportamento e attitudine verso l’oceano e la vita marina. Il primo passo è dato da programmi di comunicazione sull’impatto dell’oceano su di noi e della nostra influenza sull’oceano, il secondo invece è l’attivazione sul territorio attraverso iniziative a livello comunitario.
IOC-UNESCO attraverso l’utilizzo di metodi che promuovo il cambiamento comportamentale e l’adozione di un approccio sistemico, mira a facilitare la creazione di una società educata all’oceano e pronta a lavorare per raggiungere gli obiettivi dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14 e del Decennio del Mare.
Un esempio pratico è l’Ocean&Climate Village, un progetto educativo che si distingue per il suo approccio didattico coinvolgente della comunità locale. Viaggiando per il mondo, l’Ocean&Climate Village invita le comunità locali a scoprire le relazioni uniche tra la loro città e l’oceano attraverso un approccio interdisciplinare.
C’è una cosa sull’oceano che tutti sappiamo con certezza, ed è che l’oceano e il mare sembrano essere blu. Perché l’oceano è blu alla nostra vista?
L’oceano contiene più del 97% dell’acqua della Terra e sostiene il 99% della biosfera globale. Pertanto, l’oceano è estremamente importante per la vita sul nostro pianeta. A causa della sua vastità, solo il 5% dell’oceano è stato esplorato e tracciato dall’uomo. Il resto, specialmente le sue parti più profonde, rimangono inesplorate.
In questo articolo, ti spiegheremo perché l’oceano è blu, in modo che tu possa finalmente capire come funziona.
Mathyas Kurmann – Unsplash
L’oceano è blu?
Naturalmente, sappiamo tutti che l’acqua pulita è incolore, è trasparente. Allora, perché l’oceano – come altri corpi d’acqua – appare blu?
Per molti anni, abbiamo creduto che l’oceano e altri corpi idrici siano di una tonalità blu perché riflettono il cielo blu… ma questo non è completamente vero! Certo, la superficie dell’acqua riflette il cielo: dalla costa, può apparire blu in una giornata di sole, grigia quando è nuvolosa o tempestosa, o persino mostrare sfumature di rosa durante il tramonto. Ma se scendiamo sotto la superficie, il colore blu rimane, e rimane anche quando guardiamo l’oceano dallo spazio. In questi casi, l’acqua non riflette il cielo.
La ragione per cui l’oceano appare blu è in effetti una riflessione, ma non è semplicemente uno specchio del cielo. Infatti, la luce del sole contiene l’intero spettro di colori, dal rosso al violetto, come vediamo nell’arcobaleno. Ogni colore possiede una specifica lunghezza d’onda, il colore rosso ha lunghezze d’onda più lunghe. La lunghezza d’onda degli altri colori diventa progressivamente più corta, con il blu e il viola alla fine della gamma, con la lunghezza d’onda più corta di tutti.
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Quando la luce colpisce l’oceano, l’acqua assorbe prima le lunghezze d’onda più lunghe, riflettendo ai nostri occhi i colori con le lunghezze d’onda più corte. Quindi, come un filtro, le molecole d’acqua assorbono le parti rosse dello spettro luminoso e si lasciano dietro i colori dello spettro blu, che vengono così visualizzate dai nostri occhi.
Non appena raggiungiamo una profondità di qualche metro, la maggior parte della luce rossa e arancione scompare del tutto, assorbita dalle molecole d’acqua. Poco dopo vengono assorbite le lunghezze d’onda del giallo e del verde, lasciando solamente il blu e il viola, che sono in grado di penetrare più in profondità.
Tuttavia, questo fenomeno avviene solo fino a una certa profondità. In realtà, la maggior parte dell’oceano è completamente al buio poiché quasi nessuna lunghezza d’onda penetra oltre i 200 metri.
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Tutti i corpi idrici appaiono blu?
Ogni cosa assorbe la luce ad una diversa lunghezza d’onda, e poi riflette i colori rimanenti all’osservatore.
Quando la luce penetra completamente nell’acqua, come in un bicchiere o in un corpo d’acqua molto superficiale, vediamo l’acqua come incolore, poiché non vengono assorbiti abbastanza fotoni (ovvero le molecole date dalla radiazione luminosa). La luce semplicemente brilla attraverso.
Questo è principalmente il motivo per cui diversi corpi d’acqua possono avere diverse sfumature di blu. Più profondo è il bacino, più scuro e profondo sarà il colore, poiché più acqua c’è, più luce viene assorbita.
Avrete notato che, a volte, l’acqua può anche apparire di colori diversi dal blu. Questo è spesso il risultato delle caratteristiche dell’acqua o del suolo.
Alcuni fiumi o stagni, per esempio, possono apparire di un marrone fangoso piuttosto che blu, il che è spesso dovuto alla presenza di sedimenti nell’acqua, specialmente dopo che l’acqua è stata agitata.
Le acque cristalline dei Caraibi, che di solito sono più vicine a tonalità di verde chiaro piuttosto che blu, potreste aver pensato che è perché l’acqua è più pulita. Certo, questo ha un impatto, ma spesso i colori sono dati dalla vita vegetale che esiste in molte acque caraibiche, contribuendo a riflettere più luce verde.
Spesso, le acque caraibiche più belle tendono anche ad essere poco profonde, e la composizione del fondo dell’oceano, data principalmente dai coralli, può essere responsabile di un modo diverso di riflettere la luce.
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Perché gli scienziati studiano il colore dell’oceano?
Alcuni tipi di particelle (per esempio le cellule del fitoplancton, dette anche microalghe) contengono anche sostanze che assorbono diverse lunghezze d’onda della luce, alterando il colore riflesso dall’acqua. Ci sono molte sostanze nell’acqua che assorbono la luce e quindi modificano i colori riflessi. Di solito, queste sostanze sono composte da carbonio organico e gli scienziati si riferiscono generalmente a loro come CDOM, abbreviazione di materia organica dissolta colorata.
Una sostanza essenziale che assorbe la luce nelle acque oceaniche è la clorofilla, che il fitoplancton usa durante il processo di fotosintesi. La clorofilla è un pigmento verde, e quindi il fitoplancton assorbe preferibilmente le porzioni rosse e blu dello spettro luminoso per la fotosintesi, riflettendo quindi la luce verde.
Così, le regioni dell’oceano con alte concentrazioni di fitoplancton appaiono con sfumature diverse dal solito blu: vanno dal verde acqua al verde, a seconda della densità e del tipo di popolazione di fitoplancton che contengono.
Il principio che sta alla base dello studio del colore degli oceani dallo spazio è semplice: più fitoplancton c’è nell’acqua, più questa apparirà verde; meno fitoplancton, più sarà blu.
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Così, gli scienziati stanno studiando il colore dell’oceano per ottenere una migliore comprensione del fitoplancton e di come influenza l’oceano e la Terra.
Si è scoperto che questi piccoli organismi possono avere un grande impatto su un sistema su larga scala, come il cambiamento climatico. Per esempio, il fitoplancton usa l’anidride carbonica per la fotosintesi, fornendo quasi la metà dell’ossigeno che respiriamo sul pianeta. Quindi, una popolazione mondiale di fitoplancton grande e fiorente significa che più anidride carbonica viene estratta dall’atmosfera, mitigando gli effetti dell’inquinamento e abbassando gli effetti del riscaldamento globale e del cambiamento climatico.
Gli scienziati hanno scoperto che una data popolazione di fitoplancton può raddoppiare il suo numero circa una volta al giorno, il che significa che è in grado di rispondere molto rapidamente ai cambiamenti nel loro ambiente.
Esaminare il colore degli oceani aiuta i ricercatori a capire e monitorare il fitoplancton, il che può essere un passo verso la previsione dei cambiamenti ambientali.
I cambiamenti in ogni popolazione di fitoplancton, come le variazioni della sua densità, distribuzione e tasso di crescita o diminuzione della popolazione, avviseranno gli scienziati del cambiamento delle condizioni ambientali.
Il 17 maggio ore 20:00 POLI.RADIO ospiterà una puntata speciale “Blue Horizon: youths for the Ocean”. L’episodio è stato co-creato da IOC-UNESCO e Blue Horizon nell’ambito dell’iniziativa internazionale “European Maritime Day in my country”.
L’EMD 2022 si terrà a Ravenna il 19-20 maggio con “Sustainable blue economy for green recovery” come tema principale. IOC-UNESCO sarà presente con un workshop dedicato alla tematica delle Città Blu e ospite dello EU4Ocean Summit.
La puntata “Blue Horizon: the youths for the Ocean” sarà incentrata su tre rilevanti iniziative di IOC-UNESCO per il Decennio del Mare rivolte alle giovani generazioni: campagna Generazione Oceano, “Favole Blu” e “Save the Wave App Challenge“, progetto realizzato in collaborazione con Axa Italia e Gamindo.
L’obiettivo è quello di diffondere le iniziative Ocean Literacy e Ocean Decade intervistando gli esperti del Decennio del Mare utilizzando il metodo dell’intervista breve e dinamica: domande dirette e risposte brevi che vanno dritte al punto.
Chi saranno gli ospiti della puntata?
Francesca Santoro, Specialista di Programma per IOC-UNESCO e portavoce del programma Decennio del Mare, racconterà la Generazione Oceano. Francesca Santoro ci parlerà del ruolo chiave delle nuove generazioni e di come possono essere coinvolte nella protezione dell’oceano fin dall’inizio della loro vita. Conosceremo infatti due progetti creati da IOC-UNESCO: Favole Blu e Save the Wave App Challenge.
Lucia Moschella, copywrtiter e autrice delle Favole Blu, un progetto divulgativo che si sviluppa attraverso favole tratte da articoli scientifici pubblicati da ricercatrici e ricercatori italiani che lavorano in tutto il mondo e si occupano di Scienze del Mare.
Jennifer Isella, Corporate Responsibility & Stakeholder Engagement Manager di AXA Italia ci spiegherà l’impegno della realtà assicurativa nella sensibilizzazione all’oceano con Save the Wave App Challenge.
Nicolò Santin, fondatore di Gamindo, ci porterà all’interno dello sviluppo del codice per raccontarci come l’Educazione all’oceano è diventata un webgame con Save the Wave App Challenge.
Blue Horizon: che cos’è?
Blue Horizon è un programma radiofonico di POLI.RADIO, la radio del Politecnico di Milano, che va in onda in diretta il martedì sera dalle ore 20.00 alle 21.00 (CEST). L’iniziativa è sviluppata nel contesto del movimento globale di Ocean Literacy: in ogni puntata quattro diversi ospiti portano gli ascoltatori nel profondo dell’oceano e alla scoperta dell’Economia Blu per fare luce su come il “sistema mare” sta affrontando la transizione verso la sostenibilità, guidato da progetti innovativi, policy di cooperazione e condivisione culturale.
Alcuni giorni dopo l’evento (3-5 giorni), la registrazione della puntata radio sarà resa disponibile in formato di podcast attraverso il sito ufficiale del programma, in modo da poter continuare a diffondere i contenuti delle interviste lungo il periodo della Giornata Europea del Mare 2022.
Affermare che l’oceano è il cuore del nostro pianeta non sarebbe un’esagerazione, l’oceano è importante per la vita sulla Terra, compresa quella dell’essere umano. Il suo equilibrio e la sua salute sono essenziali per la sopravvivenza e la prosperità di tutte le forme di vita, umane e non. Più di due terzi della Terra sono coperti d’acqua, ed è per questo che dovremmo chiamarlo Pianeta Blu. L’oceano, che contiene il 97% di tutta l’acqua del pianeta, è diviso in cinque bacini principali: Pacifico, Atlantico, Indiano, Artico e Meridionale. In realtà, però, è un unico enorme corpo d’acqua, chiamato anche “oceano globale” che collega tutto il mondo.
Questo incredibile corpo d’acqua non solo ci fornisce cibo, lavoro, vita e divertimento, ma funziona anche come sistema di supporto vitale per il pianeta, ed è essenziale comprendere la complessità del suo ruolo nelle nostre vite.
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Perché l’oceano è importante?
Ecco alcune informazioni sul ruolo dell’oceano nella nostra vita. Questi fatti potrebbero sorprendervi, e certamente vi convinceranno dell’importanza di sviluppare una relazione sostenibile con il nostro Pianeta Blu.
L’oceano è il più grande ecosistema della Terra: ospita il 99% dello spazio abitabile del pianeta.
L’oceano copre circa il 71% della superficie terrestre e contiene più del 97% dell’acqua della Terra.
Il fitoplancton, una microalga che vive sulla superficie dell’oceano, produce, attraverso la fotosintesi, circa il 50-80% dell’ossigeno che respiriamo.
L’oceano stocca carbonio: assorbe enormi quantità di biossido di carbonio (CO₂), uno dei gas serra principalmente responsabili del cambiamento climatico.
L’oceano regola il clima su scala globale spostando il calore in giro per il pianeta. Le correnti calde si muovono dai poli verso l’equatore e tornano indietro dopo essersi raffreddate, influenzando i modelli meteorologici della Terra.
L’oceano fornisce milioni di posti di lavoro, beni e servizi alle persone di tutto il mondo.
Salvaguardare gli ecosistemi marini è quindi della massima importanza se vogliamo proteggere il nostro pianeta dal cambiamento climatico, tutelare la nostra salute e quella di tutta la vita sulla Terra.
Le attività umane legate all’oceano
Gli esseri umani hanno esplorato e fatto uso delle risorse dell’oceano fin dall’inizio dei tempi. Diamo un’occhiata alle principali attività che svolgiamo grazie all’oceano e che sono considerate parte dell'”Economia Blu”, ovvero tutte le attività industriali basate sull’oceano.
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Cibo
Il mare rappresenta circa il 17% della produzione globale di carne commestibile. È una fonte importante di cibo per le persone di tutto il mondo e, come sappiamo, la domanda globale di cibo è in aumento. Il cibo di origine marina contiene proteine, acidi grassi essenziali e micronutrienti biodisponibili, che sono particolarmente importanti nei paesi a basso reddito e con deficit alimentare.
Il cibo dell’oceano può essere prodotto dalla pesca selvaggia o dalla maricoltura. Tuttavia, l’impatto della pesca può essere devastante per la salute dell’oceano e sono necessarie nuove politiche per salvaguardare gli ecosistemi marini.
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Energia
Sapevi che le risorse energetiche marine, come le onde, le maree, le correnti e i gradienti di salinità e temperatura, possono essere utilizzate per la produzione di energia rinnovabile?
Negli ultimi decenni, la ricerca ha portato a enormi progressi nelle tecnologie necessarie per sviluppare l’energia marina: l’oceano e le sue acque potrebbero essere la chiave per sviluppare un futuro più sostenibile.
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Trasporti
Quasi il 90% del commercio globale avviene attualmente utilizzando le rotte marittime: l’oceano contiene tutte le più importanti rotte commerciali del pianeta.
Il settore del trasporto marittimo è una fonte di posti di lavoro per milioni di persone e fa parte di un intero cluster di attività economiche che creano un grande valore economico dall’oceano.
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Attività ricreative
Sappiamo tutti che una vacanza al mare è sempre meglio! Il turismo, le attività ricreative e il divertimento rappresentano un’altra grande fetta dell’economia legata all’oceano e alle acque costiere. È della massima importanza sviluppare pratiche sostenibili in questo settore in modo da poter continuare a godere del mare e delle sue meraviglie. Così facendo, sosterremo anche le isole, le comunità costiere e i loro abitanti.
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Nuove attività estrattive
Negli ultimi anni, l’oceano è stato ulteriormente esplorato, nuove industrie sono state stabilite e hanno prosperato. Queste includono l’estrazione di componenti per scopi medicinali, la coltivazione di alghe per cibo e carburante e l’estrazione di nuove materie prime.
Le minacce che affronta l’oceano
Con la crescita dei bisogni delle persone e dell’economia, cresce anche l’impatto che l’uomo ha sull’oceano. È essenziale, in questo momento, ripensare il nostro rapporto con l’oceano e lavorare verso un approccio più sostenibile.
La principale minaccia da affrontare è l’inquinamento dell’oceano e, come si può ben immaginare, la maggior parte di esso proviene dalle attività umane, sia lungo le coste che nell’entroterra. Ecco alcune delle principali cause dell’inquinamento marino.
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Inquinamento da fonti non puntuali – Deflusso
L‘inquinamento NPS è il risultato del deflusso del terreno, delle precipitazioni e della deposizione atmosferica. Con le piogge o le nevicate che si muovono attraverso il terreno, gli inquinanti raccolti e trasportati si depositano alla fine in laghi e fiumi, e poi sono portati fino all’oceano.
L’inquinamento da fonti non puntuali può includere:
Eccesso di fertilizzanti, erbicidi e insetticidi
Olio e sostanze chimiche tossiche provenienti dalle automobili
Sedimenti provenienti da cantieri mal gestiti
Depositi di terra e minerali dall’irrigazione e dalle miniere abbandonate
Batteri e nutrienti dal bestiame e da sistemi settici difettosi
Come prevenire l’inquinamento da fonti non puntuali? Tutti noi possiamo fare qualcosa nella nostra vita quotidiana per prevenire l’inquinamento. Ecco una lista di base di quello che puoi fare:
Tenere i rifiuti fuori dalle grondaie e dagli scarichi stradali: attraverso questi, i rifiuti vengono spesso passati direttamente a laghi, fiumi e zone umide.
Usa prodotti naturali per il giardino.
Sbarazzati correttamente dell’olio usato e di altri prodotti chimici (cioè non nelle fogne o negli scarichi).
Assicurati che il tuo sistema settico funzioni correttamente con ispezioni di routine.
Usa prodotti per la casa a basso contenuto di fosforo.
Scarico diretto o intenzionale
Lo scarico intenzionale è causato da persone che decidono che il posto migliore per scaricare sostanze chimiche tossiche e detriti sono i nostri corsi d’acqua.
Scarichi deliberati da petroliere e imbarcazioni che non rispettano i regolamenti
Rifiuti gettati in acqua, la maggior parte dei quali sono di plastica
Perdite di petrolio o sostanze chimiche
Le fuoriuscite di petrolio e di prodotti chimici sono dette fonti di inquinamento puntuale, perché provengono da una singola fonte. Quelle risultanti da strutture danneggiate o difettose sono anch’esse considerate un tipo di inquinamento puntuale.
Questi eventi sono tipicamente causati da incidenti e possono avere un impatto estremamente distruttivo sull’ambiente circostante. Fortunatamente, non accadono molto spesso e di solito vengono affrontati prontamente.
Tuttavia, come tutti sappiamo, il petrolio greggio è molto difficile da pulire e ha effetti devastanti a lungo termine sugli ecosistemi marini.
Le fuoriuscite di petrolio non sono gli unici modi in cui le navi inquinano il mare: scaricano in acqua anche detriti di plastica, rifiuti umani e grandi quantità di carburante. Per non parlare dell’inquinamento acustico che producono, che altera l’equilibrio della vita marina.
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Abbandono di rifiuti (littering)
La spazzatura nell’oceano e nei corsi d’acqua è un effetto dell’abbandono dei rifiuti in generale, anche se lontano dall’entroterra, e non solo il risultato dei detriti gettati direttamente in mare: i sistemi di scarico delle acque portano i rifiuti dell’entroterra fino all’oceano. I detriti marini provengono dagli esseri umani, sia da fonti terrestri che oceaniche.
Esempi comuni di detriti marini possono essere oggetti di plastica, come borse della spesa e bottiglie, involucri di plastica e attrezzi da pesca.
È ormai noto che il littering e l’inquinamento marino causano la formazione di zone ad alta concentrazione di rifiuti che si trovano al centro dei vortici dell’oceano. I vortici, o gyres, sono correnti oceaniche rotanti; ce ne sono cinque: uno nell’Oceano Indiano, due nel Pacifico e due nell’Oceano Atlantico.
Come prevenire l’inquinamento causato dal littering: per risolvere il problema dei detriti marini, e specialmente quello dei rifiuti di plastica, dobbiamo cambiare l’approccio della società all’uso e allo smaltimento della plastica.
Estrazione mineraria nell’oceano e nelle profondità marine
L’estrazione mineraria in alto mare consiste nel perforare il fondo dell’oceano per estrarre materiali come oro, litio, cobalto, rame e zinco.
Questa attività è devastante per l’equilibrio dei livelli più profondi del mare, la maggior parte dei quali è ancora inesplorata. Non solo distrugge gli habitat e gli ecosistemi, ma porta anche alla creazione di depositi di solfuro, il cui impatto ambientale dannoso non è ancora ben compreso.
Alcuni scienziati avvertono che, per estrarre minerali preziosi, potremmo distruggere interi ecosistemi e spazzare via intere specie che non abbiamo ancora scoperto.
Ne vale davvero la pena?
Coral reef in Sombrero Island, Philippines
Jett Britnell – Ocean Image Bank
Come bilanciare economia e conservazione
Diamo un’occhiata ad alcune strategie che possiamo attuare, sia nella nostra vita quotidiana che su scala più ampia, per bilanciare il nostro uso dell’oceano e la salvaguardia dei suoi ecosistemi e della sua salute.
Ridurre l’inquinamento marino
Una delle cose più importanti che possiamo fare è impedire ai rifiuti e alla plastica di entrare nell’oceano. A livello individuale, dovremmo tutti cercare di ridurre il nostro consumo, in particolare degli oggetti di plastica monouso, così come sostenere e incentivare la produzione e l’uso di alternative valide e sostenibili.
Ecco alcuni altri cambiamenti verso cui possiamo lavorare come società:
Eliminare la combustione del carbone, che a sua volta ridurrà l’inquinamento da mercurio;
passare dai combustibili fossili alle energie rinnovabili;
vietare l’uso di oggetti di plastica monouso, come cannucce e borse di plastica;
controllare meglio la produzione dell’inquinamento costiero;
espandere le aree marine protette per salvaguardare gli ecosistemi critici.
Gestire la produzione alimentare in modo sostenibile
La popolazione mondiale sta aumentando e così la produzione di cibo. Tuttavia, dobbiamo fare del nostro meglio per creare una crescita sostenibile in questo settore. Per esempio, possiamo lavorare per l’implementazione di una governance globale dell’oceano e di catene di approvvigionamento più trasparenti, che a sua volta rafforzerebbe le opportunità per le comunità locali e le città costiere.
Questo comporterebbe, per esempio, l’aumento del monitoraggio, del controllo e della sorveglianza per evitare la pesca illegale e non regolamentata, un’attività che ha effetti disastrosi sugli ecosistemi dell’oceano.
È anche essenziale evitare le pratiche di pesca dannose e la pesca eccessiva, così come l’implementazione di politiche che minimizzino l’impatto ambientale dell’acquacoltura.
Mitigare il cambiamento climatico
Come abbiamo spiegato, il cambiamento climatico e l’oceano sono inestricabilmente connessi. Per evitare di aggravare la crisi del riscaldamento globale, dobbiamo affrontare il modo in cui trattiamo il nostro oceano. L’attenzione negli anni seguenti sarà su:
Decarbonizzare il trasporto marittimo
Il trasporto marittimo è responsabile di circa il 30% delle emissioni globali di NOx, che sono state collegate a migliaia di morti gravi e premature nelle zone costiere.
È quindi essenziale lavorare per ridurre le emissioni del trasporto marittimo.
Sviluppare energia pulita e basata sull’oceano
La rivoluzione dell’energia rinnovabile basata sull’oceano è già iniziata: tutto quello che dobbiamo fare ora è aumentare gli investimenti per permettere l’adozione di nuove tecnologie. Naturalmente, possiamo sfruttare la potenza dell’oceano solo mantenendo un occhio attento a minimizzare l’impatto sugli ecosistemi marini.
Promozione del turismo sostenibile
Raggiungere un turismo marino e costiero sostenibile che sia in grado di resistere e superare le crisi future è possibile, ma richiede importanti investimenti pubblici e privati. Ad esempio promuovere soluzioni basate sulla natura, reinvestire le entrate generate dal turismo nelle comunità locali e nei progetti di sostenibilità e incoraggiare la trasparenza in tutte le attività.
Evitare la perdita di biodiversità e proteggere le acque costiere
Un altro modo per promuovere uno sviluppo ecocompatibile è sostenere la protezione e la conservazione delle acque costiere e degli ecosistemi marini.
Per esempio, con la creazione e il sostegno di aree marine protette e lo sviluppo di infrastrutture basate sulla natura che possono aiutare le comunità locali a gestire le attività marine in modo sostenibile.
Non è assolutamente troppo tardi! Insieme, possiamo lavorare per la creazione di un’Economia Blu sostenibile e olistica.
La rete europea di Blue Schools è un’iniziativa della Commissione Europea, promossa da IOC-UNESCO, che ha lo scopo di coinvolgere scuole, insegnanti, studenti e studentesse in programmi di Educazione all’Oceano (Ocean Literacy) grazie allo sviluppo di progetti didattici e l’inclusione dei temi marini nel programma scolastico. Si tratta di un approccio dal basso che promuove la partecipazione collettiva per un oceano sano ed un utilizzo responsabile delle risorse marine.
L’obiettivo è di portare le tematiche del mare sui banchi di scuola facendo comprendere a studenti, studentesse, famiglie e insegnanti come noi tutti dipendiamo dall’oceano e come le nostre azioni abbiano un forte impatto su di esso. In una Blue School europea, gli stessi insegnanti, studenti e studentesse diventano agenti di cambiamento e promotori della sostenibilità dell’oceano e dei mari.
Matt Hardy from Pexels
Un’onda di cambiamento per il futuro della scuola
Gli insegnanti delle Blue Schools europee sono onde di cambiamento per il futuro della scuola e fonte ispirazione per i loro studenti. Attraverso l’adozione dell’Educazione all’Oceano nei programmi scolastici aiutano gli studenti a sviluppare la conoscenza e la comprensione dell’influenza reciproca tra società e oceano, a comprendere l’importanza della biodiversità marina e ad aumentare la consapevolezza sullo stato dei mari.
“La comunità internazionale deve fare dell’educazione uno dei pilastri della sua azione per l’oceano. Perché se vogliamo proteggerlo meglio, dobbiamo insegnarlo meglio. In occasione del One Ocean Summit, fisso un obiettivo comune per i nostri 193 Stati membri: includere l’educazione all’oceano nei programmi scolastici entro il 2025“
Audrey Azoulay, Direttore Generale UNESCO – Brest (France), One Ocean Summit 2022
È pertanto essenziale che l’oceano diventi parte integrante dei programmi scolastici a livello mondiale. In scia a quanto dichiarato da Audrey Azoulay, Direttore Generale UNESCO, la Commissione Europea invita gli insegnanti e il personale dei servizi educativi di tutte le discipline ad iscriversi e prendere parte alla rete delle European Blue Schools per portare l’oceano in classe. UNESCO non coinvolge solo le scuole nel processo ma, attraverso il progetto “A new Blue Curriculum: a toolkit for policy-makers”, collabora anche con gli sviluppatori dei programmi educativi, i Ministeri, i governi, la società civile e le parti interessate dell’istruzione per il raggiungimento di un obiettivo comune.
Cosa sono le Blue Schools?
Le Blue Schools sono scuole, sia dell’entroterra sia costiere, che considerano l’oceano come parte centrale del programma scolastico. Le Blue Schools promuovono una nuova generazione di cittadini e futuri leader informati, attivi e responsabili verso le tematiche del mare.
Attraverso l’inclusione delle tematiche del mare nel curriculum o l’avvio di progetti ad hoc, gli insegnanti e gli alunni migliorano la propria comprensione dell’oceano e sviluppano un senso di responsabilità verso il nostro Pianeta.
Unendosi alla rete europea di Blue Schools, insegnanti ed educatori diventeranno ambasciatori dell’Educazione all’Oceano, generando una maggiore consapevolezza nei giovani in quanto attori principali del cambiamento per un oceano più sostenibile.
L’Educazione all’Oceano contribuisce allo sviluppo di una più ampia e attiva cittadinanza europea grazie all’acquisizione di abilità e competenze marine, skills di leadership e lavori di squadra attivi, critici e responsabili per costruire una generazione capace di affrontare le sfide locali e globali dell’Agenda 2030. La condivisione e la collaborazione a livello nazionale ed internazionale permetterà un supporto notevole ed immediato per affrontare le sfide ambientali. Infine, la partecipazione delle scuole verrà ulteriormente riconosciuta mediante la certificazione ufficiale di European Blue Schools.
Come diventare una Blue School?
Vuoi diventare parte della rete europea di Blue Schools? Ti basterà proporre un progetto che segua questi criteri:
Interdisciplinarità: il progetto dovrà presentare una tematica centrale interconnessa a diverse attività complementari, coinvolgendo le diverse materie ed affrontando la tematica da diversi punti di vista.
Obiettivo chiaro: il progetto dovrà avere un obiettivo principale chiaro, definito, realizzabile e misurabile.
Coinvolgimento: studenti e studentesse devono coprire un ruolo attivo e definito all’interno del progetto. Insegnanti e educatori fiungono da facilitatori nell’attuazione del progetto, rendendo gli studenti indipendenti e responsabili del suo sviluppo.
Collaborazione: includere un partner locale all’interno del progetto rappresenta una componente chiave, in quanto l’obiettivo è quello di coinvolgere un pubblico più ampio possibile. Può trattarsi di un istituto di ricerca, una ONG, un’azienda o comunque una figura in grado di facilitare lo sviluppo e del progetto da parte degli studenti.
Comunicazione: l’Educazione all’Oceano vede la comunicazione come chiave promotrice del cambiamento. Comunicare i risultati ottenuti dal progetto in maniera esauriente all’interno della comunità locale e degli enti interessati è un elemento essenziale di trasparenza e responsabilizzazione degli studenti.
La coalizione EU4Ocean
Il programma Blue Schools Network è parte della più ampia iniziativa EU4Ocean, ovvero la Coalizione Europea per l’oceano alla quale possono aderire aziende, organizzazioni, fondazioni e istituzioni per contribuire alla tutela dei mari.
La coalizione EU4Ocean ha l’obiettivo di connettere enti, progetti, persone ed iniziative educative per aumentare la connessione tra la società e l’oceano con il fine ultimo di contribuire al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con particolare attenzione all’OSS14 “Vita sott’acqua”.
A causa di fattori culturali, geografici e storici, abbiamo “diviso” l’oceano in cinque bacini oceanici conosciuti con i nomi di Oceano Pacifico, Atlantico, Indiano, Artico e Meridionale. In questo articolo, ci concentreremo sul più grande bacino oceanico del pianeta, l’Oceano Pacifico, e scopriremo tutti i suoi dettagli e caratteristiche.
La Terra ha un unico grande oceano che collega tutto il mondo e contiene più del 97% della quantità totale di acqua del pianeta. L’oceano è anche il più grande ecosistema della Terra: rappresenta il 99% di tutta la biosfera, ospitando così un elevato numero di specie. Questo enorme corpo d’acqua è noto anche come Oceano Globale.
Qual è il più grande bacino oceanico?
Il più grande bacino oceanico è l’Oceano Pacifico. Occupando quasi il 32% della superficie terrestre, il Pacifico copre 165.250.000 chilometri quadrati (63.800.000 sq. mi), e circa il 46% della superficie d’acqua della Terra.
Si estende dalle coste occidentali dell’America del Nord, del Centro e del Sud fino all’Oceania, all’Asia e alla Russia nel Nord e contiene circa 30.000 isole divise tra le regioni Polinesia, Melanesia e Micronesia. Il Pacifico si collega anche al bacino dell’Oceano Indiano vicino allo Stretto di Malacca, Sumatra, e all’Atlantico attraverso lo Stretto di Magellano e il Passaggio di Drake. La sua massima estensione latitudinale raggiunge i 19.000 km (12.000 miglia) tra la costa della Colombia e la penisola malese.
Il bacino dell’Oceano Pacifico ha il doppio della superficie e più di due volte il volume d’acqua dell’Atlantico, secondo in termini di dimensioni. Un fatto curioso è che l’area ricoperta dal Pacifico supera quella ricoperta dalle terre emerse di tutti i continenti messi assieme.
Bacino dell’Oceano Pacifico, Esteban Gottfried per IOC-UNESCO
Da dove arriva il nome “Oceano Pacifico”?
Il suo nome deriva dal fatto che l’esploratore portoghese Ferdinando Magellano, durante il suo viaggio verso le Filippine, trovò l’oceano abbastanza tranquillo, quindi “pacifico”.
Quanto è profondo l’Oceano Pacifico?
Il punto più profondo del bacino dell’Oceano Pacifico è conosciuto come Challenger Deep e si trova nella Fossa delle Marianne, ad una profondità di 11.034 m (36.201 piedi). È il punto più profondo registrato nel mondo, situato a est delle Filippine. È così profondo che il monte Everest entrerebbe nel Challenger Deep con oltre un miglio di margine!
Suddivisione tra Pacifico settentrionale e Pacifico meridionale, Esteban Gottfried per IOC-UNESCO
Quanti “Oceani Pacifici” ci sono?
La risposta è uno, ma la circolazione oceanica (causata dall’effetto Coriolis) lo suddivide in due volumi d’acqua indipendenti che si incontrano all’equatore: l’Oceano Pacifico settentrionale e l’Oceano Pacifico meridionale. Le isole Galápagos e Gilbert, pur essendo a cavallo dell’equatore, sono considerate interamente all’interno del Pacifico meridionale.
Il Pacifico settentrionale è la parte del bacino dell’Oceano Pacifico che si trova a nord dell’equatore. Si estende dalle coste orientali dell’Asia alle coste occidentali del Nord e Sud America (fino all’Equatore) e si estende a nord fino alla regione artica.
Il Pacifico meridionale si trova a sud dell’Equatore, copre una parte importante dell’emisfero meridionale (SH) e gioca un ruolo importante nel sistema climatico globale. Infatti, l’Oceano Pacifico tropicale funziona come sistema autoregolato di accumulo e rilascio di calore, ridistribuendolo verso i poli. Essendo un processo relativamente stazionario, quando il Pacifico è in sovraccarico di calore, provoca episodi di riscaldamento repentini che aumentano il rischio di eventi climatici estremi.
Temperatura
L’oceano è stratificato, e uno dei principali fattori di questa stratificazione è la temperatura: le acque profonde, che compongono circa l’80% del volume dell’oceano, sono molto fredde, con temperature stabili appena sopra lo zero, di solito intorno ai 3,5 °C (38,3 °F). Nella zona superficiale, invece, fino ad una profondità di circa 300 metri (1.000 piedi) la temperatura varia notevolmente.
Di solito, la temperatura dell’acqua nel Pacifico settentrionale è leggermente più alta di quella del Pacifico meridionale. Ciò è dovuto al rapporto mare-terre emerse, più basso nell’emisfero nord rispetto all’emisfero sud, e all’influenza dell’Antartide e dell’Oceano Meridionale.
Salinità
Data la vastità dell’Oceano Pacifico, le sue caratteristiche fisiche come la salinità sono molto variabili sia nel Pacifico occidentale che in quello orientale, a causa dei cambiamenti stagionali delle correnti di superficie. In generale, l’Oceano Pacifico presenta una salinità leggermente inferiore rispetto a quella dell’Oceano Atlantico, per la presenza di precipitazioni atmosferiche. Nelle zone tropicali e sub-tropicali del Pacifico, infatti, le precipitazioni sono più intense e sono associate ai monsoni della regione. A causa di questo fenomeno, la salinità è generalmente inferiore nell’area equatoriale.
La salinità, insieme alla temperatura, è anche una componente fondamentale per garantire l’interscambio di ossigeno e nutrienti tra le acque superficiali e quelle più profonde. La combinazione di salinità e temperatura generano le correnti termoaline profonde che, assieme alle correnti superficiali generate dal vento, danno origine al Grande Nastro Trasportatore Globale, un movimento costante nell’oceano intorno al globo. L’acqua fredda e salata si forma ai poli e, a causa della sua alta densità, affonda, mentre l’acqua calda che si forma ai tropici, vicino all’equatore, è meno densa e rimane in superficie.
Questo movimento è importante per l’intero pianeta, in quanto regola il clima in tutto il mondo ed è anche fondamentale per il trasporto di ossigeno e nutrienti per gli ecosistemi marini e costieri.
Clima
I modelli climatici degli emisferi settentrionale e meridionale si rispecchiano generalmente l’uno nell’altro ma nell’Oceano Pacifico questo non avviene.
In particolare, nel Pacifico del Nord ci sono notevoli differenze tra le regioni orientali e occidentali nella stessa latitudine: le temperature estreme che caratterizzano gli inverni al largo della costa orientale della Russia, per esempio, contrastano con gli inverni più miti della regione di British Columbia.
Le aree tropicali e subtropicali dell’Oceano Pacifico sono periodicamente influenzate da oscillazioni meteorologiche, dalla durata di circa tre mesi, note come El Niño e La Niña Southern Oscillations. Sia El Niño, sia La Niña rappresentano modelli climatici periodici che causano, rispettivamente, processi di riscaldamento e raffreddamento delle acque oceaniche superficiali della zona sud-est delle Hawaii: se è più di 0,5 °C (0,9 °F) sopra o sotto la norma per quel periodo, allora El Niño o La Niña è considerato in corso.
L’Oceano Pacifico comprende altri fenomeni climatici, noti come cicloni tropicali. Tra questi, riconosciamo gli uragani del Pacifico che normalmente hanno origine nel sud del Messico, talvolta, colpiscono le coste messicane e a volte gli Stati Uniti principalmente tra giugno e ottobre. I tifoni che si formano nella zona nord-occidentale del Pacifico colpiscono il sud-est asiatico da maggio a dicembre. Mentre le isole del Pacifico sono occasionalmente soggette ai cicloni tropicali che si formano nel bacino meridionale.
Tom Vierus, Ocean Image Bank
Biodiversità
Ta tutti i bacini oceanici, il Pacifico vanta la biodiversità marina più ampia. Le correnti che collegano le acque polari meridionali e settentrionali del Pacifico permettono il contatto tra forme di vita provenienti da regioni oceaniche diverse.
Una delle caratteristiche principali di questa varietà è data dalle foreste di kelp, che si trovano sulle coste rocciose d’acqua fredda del Nord e Sud America. Questi ambienti, simili a foreste, hanno una biodiversità animale quasi altrettanto varia quanto quella delle foreste pluviali: ospitano una grande varietà di vita marina, dagli invertebrati, ai pesci, i mammiferi e gli uccelli marini.
Nelle zone tropicali del Pacifico occidentale, la ricchezza di biodiversità marina aumenta in modo esponenziale. Qui possiamo trovare le scogliere coralline più ricche ed estese del pianeta. Le barriere coralline del Pacifico meridionale sono strutture basse sviluppatesi su strutture vulcaniche basaltiche localizzate sotto la superficie dell’oceano. Una delle scogliere coralline più imponenti è la Grande Barriera Corallina al largo dell’Australia nord-orientale, formata da più catene di barriere coralline.
Balene, tartarughe marine, delfini, orche, lontre e leoni marini sono una componente importante e spettacolare della vita del Pacifico.
Anello di Fuoco, Esteban Gottfried per IOC-UNESCO
Geologia
La ricerca ha dimostrato che tutte le principali caratteristiche del fondale del Pacifico e le terre che lo circondano trovano la spiegazione della loro origine nella tettonica delle placche.
Il “Ring of Fire” (l’Anello di Fuoco), caratteristica ben nota del Pacifico, è la zona dove si trova la maggior parte dei vulcani attivi del mondo, per lo più situati sott’acqua. L’Anello di Fuoco è un arco composto da isole vulcaniche e profonde fosse localizzato nella parte occidentale del Pacifico, nella zona dove due placche tettoniche si scontrano (zona convergente), scivolando una sotto l’altra. A causa di questo fenomeno, il bacino dell’Oceano Pacifico si sta attualmente restringendo di circa 2,5 cm all’anno su tre lati, con una media di circa 0,52 chilometri quadrati (0,20 sq mi) all’anno. Al contrario, l’Oceano Atlantico sta aumentando la sua dimensione.
Dalla parte opposta, l’East Pacific Rise è una zona attiva in cui si genera nuova crosta terrestre. Nel sud-est del Pacifico, la placca di Nazca e la placca sudamericana si scontrano formando la Cordigliera delle Ande e, poco più a largo, si trova la Fossa Perù-Cile.
Poiché le placche tettoniche si muovono bruscamente, si assiste alla presenza di terremoti in tutto l’Anello di Fuoco. Non è una novità che i terremoti più forti mai registrati siano avvenuti proprio qui. Il terremoto del 1960, vicino a Valdivia in Cile, è stato il più potente nella storia, registrando una magnitudo pari a 9.5 nella Scala Ritcher.
Risorse minerarie
L’Oceano Pacifico contiene risorse di minerali interessanti, delle quali solo alcune soon già state sfruttate, come il sale, il bromo e il magnesio. Ci sono anche noti depositi di gas naturale nella piattaforma continentale di entrambi gli emisferi nord e sud, mentre soon già state esplorate le riserve petrolifere vicino al Vietnam, alle Filippine, all’Indonesia, alla California, alla Russia e alla Cina. I minerali possono essere estratti direttamente dall’acqua marina, da depositi alluvionali o dalla piattaforma continentale.
Vortici dell’Oceano Pacifico, Esteban Gottfried per IOC-UNESCO
Quali sfide sta affrontando oggi l’Oceano Pacifico?
Uno dei problemi principali, come è ormai chiaro, è l’inquinamento marino, principalmente dato da rifiuti solidi quali plastica e altri detriti. Nel Pacifico, troviamo il più grande vortice di spazzatura, o zuppa di plastica, conosciuto anche come “Great Pacific Garbage Patch“: si tratta di un’enorme area di accumulo di rifiuti, compresa la plastica, che si trova al centro delle due correnti circolari (gyres) del Pacifico settentrionale e meridionale.
L’inquinamento è causato principalmente dalla cattiva gestione dei rifiuti (littering), dal trasporto marittimo, dalle miniere e trivellazioni, dalle fuoriuscite di petrolio e dal dumping oceanico – lo scarico diretto di sostanze inquinanti nell’oceano da industrie, navi o impianti di depurazione.
Altre gravi minacce all’equilibrio dell’Oceano Pacifico sono la pesca eccessiva e le pratiche di pesca illegale, che distruggono gli ecosistemi marini e si lasciano dietro un numero incredibile di detriti nocivi.
Coral reef in Sombrero Island, Philippines
Jett Britnell – Ocean Image Bank